Descrizione
Nel 1968, nelle campagne intorno a Firenze, un uomo e una donna furono assassinati in un’auto da un killer misterioso che la stampa avrebbe ribattezzato “Mostro di Firenze”. Quell’omicidio fu seguito da una lunga scia di sangue: tra il 1968 e il 1985 almeno sedici persone, perlopiù giovani coppie appartate, furono uccise con modalità sempre più efferate, fino alle mutilazioni introdotte a partire dal 1974. Il marito di una delle prime vittime scontò 14 anni di carcere, ma i delitti continuarono anche durante la sua detenzione. Nel 1994 un contadino, Pietro Pacciani, fu condannato per sette duplici omicidi, ma la sentenza venne annullata e, in attesa di un nuovo processo, la procura ipotizzò l’esistenza di un gruppo di complici, i cosiddetti “compagni di merende”. Pacciani morì prima di essere giudicato nuovamente; due suoi presunti sodali furono infine condannati, senza però chiarire mai del tutto la vicenda. Negli anni più piste sono state riaperte. Il fascino oscuro del “Mostro di Firenze” risiede proprio in questa irresolutezza: un assassino con una firma atroce, legami con vecchi crimini, allusioni a perversioni sessuali, e sullo sfondo una città che diventa essa stessa parte del racconto. Non c’è una soluzione definitiva, nessun investigatore capace di chiudere il caso: ancora oggi l’identità del serial killer rimane ignota. Raccontare questa vicenda significava anche confrontarsi con la sua scarna trasposizione cinematografica: appena cinque film, due serie televisive (Sky nel 2009, Netflix nel 2025) e, tra essi, solo l’opera di Cesare Ferrario realmente incentrata sul tema (e per questo qui intervistato). Da qui la scelta di partire dal caso fiorentino per allargare lo sguardo: non soltanto cinema, ma una riflessione sociologica più ampia sul “mito” dei serial killer. Indubbiamente, la decisione di Stefano Sollima di dirigere la miniserie Il Mostro ha ispirato la realizzazione di questo saggio.